psicoterapia_del nero_pisa_ autolesionismo_genitori

Un genitore cosa dovrebbe fare?

“Sono una dark. Sono scura, io, nei vestiti e nel cuore. Scuri i capelli e le scarpe. E il trucco forte intorno agli occhi. […] Me ne sto sdraiata su questo letto freddo ad ascoltare la musica che copre le urla di mia madre. […] Mi chiudo come una conchiglia. […] Cerco nello zaino l’astuccio azzurro. Faccio scorrere la zip che si apre come una vecchia cicatrice. Eccolo, il mio amico. Il taglierino con la piccola lama sghemba. Affilato. […]. Mi cerco nello specchio. Voglio essere un fantasma, un vapore sospeso che guarda ma non è riconosciuto. […] Sono un essere con un buco dentro. La taglio, questa pelle, forse così potrò uscire nel mondo. […] Mi ferisco, guarisco un dolore con un dolore più forte. […] Cammino controvento, nella direzione sbagliata, come una vela confusa. Mi muovo male nel mondo, lo so, sto in piedi a fatica, come chi cammina con gambe troppo rigide su un terreno troppo scivoloso.
Controvento di Antonio Ferrara.

L’autolesionismo può apparire inconcepibile; eppure, è un fenomeno così diffuso da costituire un’emergenza sociale, praticato non solo dalla popolazione psichiatrica ma, anche, dal settore giovanile.
Le condotte autolesive come tagliarsi, bruciarsi o procurarsi dolore fisico in altro modo, hanno radici lontane nel tempo. Sarebbe ingenuo delimitarle nel raggio della follia o delle tendenze per giovani annoiati.
L’autolesionismo è definibile come un meccanismo maladattivo di coping ovvero una strategia che offre l’illusione del controllo di problemi personali, familiari o interpersonali. Una trappola dei sensi però, che conduce verso problemi sempre più complessi di cui si perde sempre più il controllo.
Di solito, sono gesti che vengono compiuti di nascosto (sotto la doccia, ad esempio) e sono seguiti da sentimenti di vergogna e di colpa tali da non volerne parlare con nessuno. Così, quando un familiare scopre le ferite sul corpo del proprio figlio, può crollargli il mondo addosso.

Secondo gli esperti, anche in Italia l’autolesionismo è un fenomeno in crescita nella fascia di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Le ricerche condotte su campioni di ragazzi che si rivolgono agli sportelli d’ascolto sul territorio, restituiscono un quadro allarmante. Il 70% sono ragazzi tra i 12 e i 14 anni. Il 90% è di sesso femminile. Sono gesti compiuti anche dal sesso maschile; questi dati però descrivono il campione che si è rivolto al servizio. Il quadro generale è dunque ancor più critico se si pensa a quanti non chiedono aiuto.

CHI SONO I GIOVANI CHE SPOSTANO

IL MALESSERE INTERIORE SUL PROPRIO CORPO?

Sono preadolescenti e adolescenti che, per motivi personali (disturbi psichiatrici o ritardo mentale, abuso di sostanze…) o familiari (negligenza, trascuratezza, povertà…), sono fragili e chiusi nella loro solitudine, sguarniti di strategie per gestire con efficacia emozioni, cambiamenti personali, frustrazioni o conflitti.
Sono ragazzi che, in famiglia, non sono stati educati all’ascolto delle proprie esperienze emozionali o che hanno appreso che, per essere amati occorra assecondare le esigenze, le necessità e le urgenze degli adulti o che hanno percepito che la loro sorte, nonostante gli sforzi, sarà immutabile.

COME SI PUÒ PROVARE PIACERE PROCURANDOSI DOLORE?

psicoterapia_del nero_pisa_autolesionismo_genitori

“Fai scivolare la lametta sulla pelle, guardi la carne che si apre, guardi il tuo dolore e ansia e frustrazione che scorrono fuori. […] Lo faccio da quando ero al liceo. […] L’ho scoperto in modo spontaneo, come si scopre il sesso. […]. E sono bravissima a nasconderlo. […] Molti autolesionisti dicono che ciò che gli dà più piacere è vedere un cambiamento nel proprio corpo causato da loro. – dal web.

L’esperienza clinica mostra un panorama complesso sulle motivazioni che orientano verso queste condotte.

  • ILLUSIONE DEL CONTROLLO

Soprattutto in età giovanile, quando la sensazione di star perdendo il controllo su se stessi e sull’ambiente è pressoché continuo, è normale che ci si metta alla prova per testare i confini o controllare gli effetti di certi esperimenti. Tra i più comuni test, troviamo: uso di alcool, droga o fumo, guida pericolosa ma anche tagli e bruciature sebbene questi restino più sommersi.
Una condotta autolesiva, può definirsi problematica quando passa da condotta occasionale a strategia disfunzionale.

  • RASSICURAZIONE

Un’altra ragione, è rappresentata dal forte malessere e dalla difficoltà di sentirsi artefici del proprio destino.
Le condotte autolesive, pian piano diventano dei veri e propri rituali; e i rituali servono a ridurre lo stress e ad avere un posto sicuro e segreto dove rifugiarsi quando tutto inizia a vacillare.
Per chi le mette in pratica, appaiono come una soluzione immediata alle difficoltà da cui si sente sopraffatto o un modo per gestire le emozioni soverchianti o la percezione di inaiutabilità e impotenza.
L’autolesionismo, da alcuni esperti, è interpretato anche come una risposta alle difficoltà educative: alla ridotta capacità di correggere i comportamenti scorretti dei ragazzi, di rispondere alle richieste evolutive, di trasmettere quel senso di protezione garante di una buona esplorazione dell’ambiente circostante.

  • ASSOCIAZIONE DOLORE-PIACERE

Quando i ragazzi si tagliano e guardano il sangue uscire dalla pelle, provano calma; è un meccanismo di regolamentazione fisiologica causato dal rilascio delle endorfine che, all’inizio, può far star meglio. Questa errata associazione (dolore = piacere), orienta l’attenzione dei ragazzi da tutt’altra parte rispetto a dove dovrebbero porla: il mondo interiore. Nel momento in cui il rituale ha inizio, i ragionamenti convogliano su quello che sta accadendo al corpo; tutto accade, come in trance. Per questo motivo, nel tempo, diventa come un’esigenza. Il dopo, però, diventa sempre più duro da sopportare e i tagli, in un circolo vizioso, diventano più frequenti e profondi.

COME SI FA A SMETTERE? 

psicoterapia_del nero_pisa_autolesionismo_genitori

Spesso, come l’esordio è spontaneo, anche l’interruzione lo è. Come per tutte le dipendenze, però, non c’è sempre da aspettare che passi da sola. Perché una condotta cambi, è necessario che cambino i fattori interni e/o esterni alla persona che la mantengono attiva.
L’autolesionismo lascia una traccia sia sulla pelle che nella memoria per cui, questi individui, sollecitati da condizioni stressanti della vita, potranno trovarsi a confronto col desiderio di tagliarsi – così come un ex fumatore o un ex alcolista. Occorrerà aver esercitato l’autodisciplina e aver trovato, oltre che a buone ragioni per volersi bene, un ambiente più sano in cui sviluppare la stima di sé ed orientare le proprie energie verso la costruzione di un futuro più gratificante.

COME DOVREBBE COMPORTARSI UN GENITORE?

Di solito, un genitore comprende la gravità dei fatti quando il figlio perde il controllo sulle lesioni o decide di farsi scoprire. Le reazioni possono essere molteplici e tutte spesso mantengono attivi gli ingranaggi (senso di inadeguatezza e di inaiutabilità, per esempio) dell’autolesionismo. La scoperta può essere uno shock che mette in crisi la percezione del ruolo genitoriale. Anche per questo motivo, il problema non viene affrontato appena si scorgono i primi segnali come una variazione nella condotta finora avuta – il peggioramento scolastico, il graduale ritiro sociale, l’abbigliamento coprente anche in primavera/estate…
Quando i familiari chiedono aiuto, spesso sono increduli: “perché non ce ne siano accorti prima?”, “perché lo fa?”, “cosa possiamo fare?”. Alcuni provano senso di colpa perché si sentono co-responsabili di quella sofferenza o per non aver saputo interpretare in tempo le tracce lasciate; altri nutrono una profonda rabbia verso questi figli ritenuti viziati, ingrati o egoisti.

C’è da ricordare che anche i genitori possono essere emotivamente fragili, a loro volta portatori di intime sofferenze. E’ importante quindi mettere da parte il bisogno di decretare chi ha ragione e chi torto; se è il figlio ad essere irriconoscente o il genitore inadeguato.

Per crescere, i ragazzi hanno bisogno di genitori presenti e attenti a soddisfare sia le necessità materiali che emozionali. Serve essere ACCOGLIENTI e non INVADENTI, offrire uno spazio in cui poter esprimere l’intera gamma emozionale e in cui potersi confrontare sulle difficoltà di adattamento a un mondo esigente che si trasforma troppo in fretta.

L’adolescenza è, per eccellenza, il periodo della crisi esistenziale, della scoperta e delle esperienze portate all’estremo. Non c’è da prenderla sul personale se il sistema di regole e valori familiari vengono messi in discussione; non si è genitori sbagliati. E’ sbagliato far finta di niente, sfuggire o rimandare i confronti. Occorre non accontentarsi delle spiegazioni superficiali ma essere interessati alla ricerca dei significati.
Non sono neanche i figli ad essere sbagliati quanto la modalità comunicativa che hanno imparato per esprimere il loro disagio interiore.

E’ importante consultare un professionista specializzato che, nel modo più appropriato, possa aiutare sia il ragazzo sia la famiglia a gestire la situazione e le emozioni conseguenti.

psicoterapia_del nero_pisa_autolesionismo_genitori