Siamo davvero consapevoli di quanto pericoloso sia manipolare i propri connotati? Pericoloso nel lungo termine si intende, quando le strette di mano finiscono e restano le spalle di chi fino al giorno prima ci aveva rivolto sorrisi, quando le luci della ribalta spariscono per illuminare il volto di nuovi campioni e la fama lascia il posto all’anonimato e alla quotidianità…
Siamo davvero consapevoli delle alterazioni permanenti che apportiamo al nostro motore dal punto di vista fisico (fegato, cuore, polmoni, pancreas, sangue, organi sessuali…) e dei processi psichici (disturbi d’ansia e/o dell’umore, discontrollo degli impulsi, ossessioni…)?
Basta una volta per mettere in moto un processo a senso unico.
Ma allora perché tutti si dopano?
E con tutti, non preoccupatevi che non si sta parlando di tutti gli sportivi ma di tutte le categorie data la TRASVERSALITA’ del fenomeno che avvelena il sangue e la coscienza sì del professionista ma anche, e soprattutto, del dilettante.
Il fuoriclasse non è giustificabile perché ha il dovere di dare il buon esempio; però non ci si chiede neanche cosa possa averlo portato a tale decisione, quale sia l’altra faccia di quella medaglia luccicante che indossa, quale il pesante onere di reggere il peso delle aspettative del gruppo sportivo, dello sponsor, dei tifosi, amici, parenti e del mondo intero.
Si punta il dito, lo si etichetta, lo si allontana.
Ma il dilettante, l’appassionato che decide di truccarsi per passeggiare sulla battigia in estate o per compiacersi del nuovo record personale, avrà almeno letto il foglietto illustrativo? Perchè per quanto possano essere scritte in carattere microscopico, le controindicazioni non significa che non esistano! Chi è senza peccato, scagli la prima pillola.
Un grande campione un giorno mi disse:
«Il doping unito al duro allenamento – perché solo con i beveroni non vai lontano – ti permette la costruizione di una corazza indistruttibile agli occhi degli altri. Ma dentro ti ammarcisce, ti corrode l’anima e vorresti scappare ma tu sei dentro quell’armatura. Sei allo stesso tempo la principessa da salvare e il drago, il guardiano di un castello inespugnabile. E non puoi scappare. Finisci così per ossessionarti nel chiederti se quei risultati li avresti raggiunti anche da solo…»
Perché tutti almeno una volta nella vita abbiamo pensato di ricorrere all’aiutino? Perché qualcuno agisce manomettendo il proprio organismo anziché concentrarsi, per esempio, sul fortificare le capacità mentali e trasversali che concorrono alla conquista di un risultato – talvolta in percentuale maggiore rispetto alla mera forza fisica? Perché, sempre più bombardati dall’esistenza di polverine che ci spacciano per magiche, cediamo alla tentazione? Perché dei comuni mortali additano il campione ma, protetto tra l’asciugamano e la busta con le ciabatte, nascondono il contenitore del loro prestigio?
La truffa, l’illusione, il desiderio di essere riconosciuti a tutti i costi – costi quel che costi – è davvero insita nella natura dell’uomo?