Alla radice della decisione di cambiare troviamo spesso sentimenti di insoddisfazione, di inquietudine, la sensazione che manchi qualcosa … e desiderare per questo che cambi. Desiderare è diverso dal cambiare ma è già un inizio. Non si arriva da nessuna parte senza prima averlo immaginato.
Avvertire che uno o più aspetti della propria quotidianità non sono più convenienti da tollerare è il primo passo. Ci si attacca alla propria realtà – sia essa la più difficile – fino ad accettarla per abitudine e si fa di tutto per non cambiarla (non guardare agli aspetti negativi, nascondersi, non parlarne, non chiedere approfondimenti e fingere che tutto vada bene o concentrarsi sui lati gradevoli di quella quotidianità …).
Il bisogno di cambiare e il riconoscere di valere e potere aspirare a qualcosa di diverso e migliore rispetto a quanto già posseduto è il primo passo. La spinta verso la decisione di mettersi in gioco. Di nuovo.
Per quanto insoddisfacente, frustrante, umiliante, noioso … il presente può essere percepito come una condizione comunque sicura. Pur scomoda, quella realtà è nostra, ci appartiene ed è una certezza. Il cambiamento spaventa perché, da sempre, è sinonimo di ignoto. E tanti sono i proverbi popolari che incentivano il non osare e alimentano la credenza che ‘chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non quel che trova ’ e che ‘chi troppo vuole nulla stringe ’ed altri ancora…
Mettere il presente in discussione con il timore di poter rimpiangere quanto posseduto in precedenza, costituisce il freno ad ogni trasformazione. Mettersi in gioco verso un futuro incerto intimidisce e le persone che osano vengono spesso criticate, in primis, dalla cerchia familiare.
Decidere di cambiare è il secondo passo e comprende la progettazione del futuro e la valutazione dei costi, dei benefici, dei rischi e delle responsabilità alle quali si potrà andare in contro.
Occorre perciò, prima di agire, prendersi del tempo per osservare e riflettere su cosa davvero ci stia accadendo, su quale aspetto si desideri che cambi, sui motivi per cui sentiamo il bisogno di cambiare… Come vorremmo che fosse il nostro domani?
Per analizzare con attenzione quello che sta accadendo dentro e intorno a noi è necessario ricorrere sia al versante razionale che al versante emozionale.
Potrebbe essere fondamentale ripercorrere alcune fasi della nostra esistenza.
Per guardare al futuro è importante imparare dal nostro passato; capire gli eventi e le nostre reazioni ad essi. Non accontentarsi di una prima sensazione, non stancarsi di approfondire le questioni. Ed una volta definiti i motivi alla radice del nostro desiderio, una volta capito cioè chi siamo e perché vogliamo andare in un’altra direzione allo stare qui, occorre partire. Mettersi in moto. AGIRE!
E se sbaglieremo? Almeno ci avremo provato!
La terza fase è infatti quella dell’azione, delle prove seguendo un progetto. Procedere per tentativi ed errori consente solo di perdere tempo. Scegliere un modello da seguire, invece, e selezionare le strategie più idonee alle nostre attitudini e all’obiettivo, può aumentare la probabilità di successo.
Occorre qui il quarto ingrediente: la perseveranza. La voglia di non accontentarsi di alcuni tentativi e poi arrendersi, la voglia di insistere fino alla fine e un passo oltre la meta; rivedere le strategie, migliorare gli strumenti e le competenze e andare avanti. C’è da imparare dagli errori commessi ed avere un buona motivazione al successo, una buona spinta all’azione altrimenti il cambiamento resterà solo un miraggio.
Nelle prime fasi dunque potrebbe sembrare che non stia accadendo niente, che tutti i nostri sforzi non stiano servendo a niente, che abbiamo sbagliato a sperare di cambiare le cose e di aver agito rimpiangendo il giorno in cui si è deciso di provarci. Ma prima di cambiare il presente, c’è bisogno di trasformare gli ingranaggi interiori, di predisporsi all’azione. In questa fase, una buona dose di volontà e di fiducia devono essere sufficienti per continuare ad esplorare nuove vie, trovare nuove soluzioni a problemi affrontati nei medesimi modi.
Potrebbero emergere sentimenti di fallimento, di frustrazione e di rabbia verso noi stessi in questo percorso. Rabbia per essere ancora qui mentre tutti gli altri magari hanno già preso il volo – hanno una famiglia felice, un lavoro entusiasmante, una casa più grande della vostra, dei figli che giocano in giardino, un buon conto in banca … ; rabbia per non essersi accontentati e di avere osato; rabbia per non essersi messi in discussione prima, prima che la condizione si cronicizzasse.
E quella rabbia può finire anche per riversarsi verso chiunque tenti di avvicinarsi a noi perché solo noi crediamo di essere in grado di capirci e di aiutarci.
Serve perseveranza per cambiare e tanta, davvero tanta pazienza verso noi stessi.
E serve un compagno di viaggio al nostro fianco perché venga a consolidarsi l’ultimo passo: il cambiamento duraturo. Un punto di riferimento che ci accompagni e monitori successi, cadute e rimesse in piedi, qualcuno da cui trarre sostegno emotivo e dal quale prendere a esempio il punto di vista, diverso e più funzionale, qualora ci trovassimo a pensare di non essere più in grado di interpretare i segnali, di capire le cose e/o le persone. Un terapeuta, un genitore, un partner, un amico … qualcuno che decidiamo noi di avere accanto o che voglia starci accanto; che sia capace di non giudicare e di non deriderci se vacilleremo. Qualcuno che non ci metta fretta, che rispetti i nostri tempi ma che ci sproni se ce la prendessimo troppo comoda, qualcuno in grado di stimolare in noi un atteggiamento critico e propositivo e ci appoggi nella nostra volontà al cambiamento.

 

Buon cambiamento!