“Essere umani significa far fronte alla nostra biologia. La selezione naturale ci ha dotato di una mente, liberandoci dalla prigione del determinismo biologico. Possiamo sfruttare al meglio il nostro assetto genetico per raggiungere i nostri scopi se lo vogliamo; a volte dobbiamo provare a fare la stessa cosa anche con i nostri deficit genetici” – Louis Menand
Siamo esseri predisposti a preoccuparci. Abbiamo una tendenza innata frutto di secoli di evoluzione della nostra specie (scritta nei nostri geni) che ci orienta alla ricerca e alla prevenzione dei pericoli.
Tale predisposizione interagisce con l’ambiente storico – culturale – familiare in cui siamo inseriti e, quindi, in cui ci troveremo a sopravvivere.
II terzo ingrediente che concorre allo sviluppo dell’ansia, è rappresentato da noi stessi, esseri agenti e pensanti. Quindi:
1) Fattori genetici: ansia, dubbi e incertezza fanno parte della condizione umana.
2) Fattori ambientali: l’epoca storica in cui siamo vissuti, l’ambiente familiare in cui siamo nati ed in cui siamo stati educati, le esperienze sociali che abbiamo dovuto affrontare…
3) Fattori cognitivi: il pensiero.
Poiché cambiare la nostra biologia non è possibile così come modificare l’ambiente, le persone e le circostanze in cui siamo cresciuti, il terzo fattore è la variabile su cui poter intervenire per gestire l’ansia nella frequenza, durata e intensità delle sue manifestazioni.
Così come scegliamo cosa mangiare, come vestirci, la strada da percorrere per arrivare a destinazione, la musica da ascoltare, gli amici da incontrare, la scuola o la carriera professionale da intraprendere … abbiamo anche la capacità di scegliere anche che cosa pensare degli e sugli eventi.
A seconda di cosa decideremo di pensare, proveremo un sentimento anziché un altro. Cambiare modo di pensare gli eventi (interni e/o esterni a noi) si può ma non è affatto semplice perché i nostri pensieri sono così radicati dentro di noi che spesso li scambiamo per fatti. I nostri pensieri non sono altro che la punta di un iceberg; sono regolati da credenze interne su noi stessi, sugli altri, sul futuro e sul mondo che si sono formate nell’interazione con l’ambiente esterno – in particolare con le figure primarie; tali credenze sono alla base delle nostre regole interne (es. “Se farò tutto quello che desiderano, sarò amato) che fondano i core beliefs, i nostri aspetti di identità nucleari (valore personale, inadeguatezza, amabilità…).
È così difficile modificare il nostro modo di pensare non perché siamo incapaci o stupidi ma perché metterlo in discussione ci costringe a far vacillare il nostro sistema di credenze – il paio di lenti da cui guardiamo noi stessi, gli altri, il futuro e il mondo – quindi le nostre regole interne fino al nucleo della nostra identità.
Per questo, talvolta accettiamo passivamente di avere l’ansia, evitiamo di prendere l’ascensore e andare a piedi. Anche fossero venti piani di scale da salire e riscendere, nel breve termine è sempre meno faticoso che andare a rovistare nei meandri di sé per comprendere e sradicare le ragioni della sua insistente esistenza!
Con pazienza e determinazione è possibile scegliere di modificare il proprio modo di pensare, sentire ed agire. Abbiamo la tendenza a credere che sia un evento (A – bocciatura all’esame di stato) a determinare in noi emozioni, sintomi fisiologici e reazioni comportamentali (C). In realtà, non tutti noi reagiamo analogamente se stimolati da uno stesso evento.
Chi proverà delusione, chi frustrazione, chi rabbia, chi tristezza, di senso di colpa, chi depressione ecc… a determinare le nostre reazioni ed emozioni sono le nostre convinzioni, ciò che pensiamo (B, dall’inglese Beliefs) rispetto all’evento (A).
Esempio:
A) bocciatura a un esame
B) pensieri di:
perdita
inadeguatezza/inferiorità
minaccia al desiderio di laurearsi in tempo
ingiustizia
mancata responsabilità
C) sentimenti di:
tristezza
vergogna
ansia
rabbia
colpa
Cambiare si può, basta solo cambiare cosa dici a te stesso quando parli con te stesso.