E’ vero! Oggi avere un lavoro è proprio una fortuna. Questo però non dovrebbe essere usato, come spesso avviene, come piede di porco per fare leva e portare un dipendente a lavorare diversamente da quanto previsto dal contratto. Riunioni extra lavoro non retribuite, straordinari non segnati, permessi non concessi o concessi ‘a denti stretti’…
Commessi, impiegati, operai, camerieri, baristi… il numero di dipendenti sempre più frustrati da questa situazione è in aumento.

Prendiamo, ad esempio, una tra le categorie dei fortunati che hanno un lavoro, un bel lavoro.
Il bancario.
Ma non è tutto oro quello che luccica.

‹‹Tu lavori in banca, quanto guadagnerai? 2500 – 3000 al mese?››
Si, magari guadagnassi tutti quei soldi al mese!
‹‹Voi della banca, quante mensilità avrete? 18?››
Veramente sarebbero tredici …
‹‹E le ferie? Quanti mesi farai di ferie, 3 mesi?››
Era meglio, pure per solidarietà devo stare a casa. E poi, solidarietà per chi? Per i danni fatti dai dirigenti del passato!
‹‹Per far cosa poi vi pagheranno così tanto? Per contar due soldi? Quanta fatica, eh!››
Veramente lavoro in banca da 10 anni come cassiere e sono l’ultimo della catena. Contare i soldi non è certo una fatica fisica ma il lavoro che ci richiedono non è solo questo…

La politica aziendale odierna tende a non premiare quel dipendente che, sorridente, cerca di smaltire la fila pur scambiando due parole con la clientela; la politica di oggi richiede di vendere per raggiungere budget sempre più alti a volte a danno del cittadino in difficoltà nel comprare prodotti molto lontani dalla portata del proprio portafoglio.
Il dipendente si trova così schiacciato tra l’incudine e il martello: da un lato la direzione che pretende risultati utopistici e spesso in contrasto con valori e passioni personali; dall’altro lato il cittadino insoddisfatto il quale, non potendo reclamare col vertice, si infuria con chi può e cioè con i tentacoli disarmati della lunghissima catena che incontra allo sportello. E si arrabbia proprio come se di fronte avesse il direttore generale in persona.
Come se ne esce? Come ci si difende?

Prendendo le distanze. E questo distacco si traduce con la perdita di motivazione, con la diminuzione dell’impegno per la scarsa gratificazione, con la mancanza di fiducia nelle figure ai vertici dell’azienda che parlano sì di solidarietà ma esonerandosi dal dare l’esempio.
Queste come tante altre sono le conseguenze che, nel tempo, possono sfociare nel ‹‹burn out›› sul posto di lavoro.

Eppure, per il bancario così come per tante altre figure professionali, basterebbe così poco per prevenire l’entrata in un circolo vizioso difficile da interrompere che, tra l’altro, potrebbe spandersi a macchia d’olio anche in altri campi della vita – perché le persone non vivono per compartimenti stagni. Così, l’insoddisfazione sul posto di lavoro può compromettere l’umore; la stima di sé e delle proprie capacità può deteriorare, nel tempo, la relazione di coppia oppure le relazioni interpersonali … e tutto allora sembra sfuggire di mano…

A volte basterebbe fare più attenzione a quello che si dice e a come lo si dice – specie se chi lo dice riveste un ruolo – per prevenire l’innesco di meccanismi dagli effetti inaspettati.

E il dipendente, come fa a reagire?